Il Santuario di San Benedetto
Il Santuario di San Benedetto Abate è l’altra grande chiesa di Casoria, e sorge al centro di uno dei quartieri più antichi e popolari della città: proprio di fronte alla chiesa, all’inizio del vicolo, si può osservare una torre decorata da una particolarissima finestra, un rosone in pietra di epoca medievale. Sulla strada, seppure oramai sbiadita, possiamo ancora notare la pietra bianca con le tre lettere E-S-B, che stanno per “Ecclesia Sancti Benedicti”: un “termine”, che anticamente delimitava il territorio di proprietà della chiesa. A destra della chiesa si erge il campanile. La prima sezione della torre è di epoca medievale, ed è percorsa da una scala a chiocciola interamente scolpita in pietra di piperno. Si tratta di un’opera unica, molto caratteristica
La struttura che sorge sulla sinistra è l’antica Confraternita del Santissimo Sacramento, fondata ai primi del Seicento. Oggi ospita dei locali parrocchiali, ma nel progetto originario doveva essere una cappella della chiesa. L’attuale chiesa, infatti, fu costruita tra la fine del Seicento (1694) e la prima metà del Settecento, ma i cantieri furono bloccati da un incendio nel 1721. Mancando anche i fondi, necessari a realizzare il progetto originario, si decise di completare la struttura fermandosi dove si era arrivati. La facciata della chiesa ha lineamenti neoclassici molto semplici. Il portone in legno, realizzato nel 2011 dal parroco mons. Mauro Piscopo, è decorato dalle sculture in bronzo di un giovane artista della vicina Afragola, Domenico Sepe; tra le figure spiccano quelle di San Benedetto e di San Francesco.
Come accennato, a causa di un incendio alla fabbrica, la chiesa non fu completata. La navata fu così accorciata di diversi metri, dando all’intera struttura una pianta quasi a croce greca. All’incrocio della navata con il transetto, al centro della chiesa, si eleva una piccola cupola, che appare sottodimensionata rispetto alla struttura, ma che presenta una decorazione molto originale, che richiama il colore della pietra dura di piperno.
Nel corso dei secoli, questa chiesa è stata colpita da diverse calamità: alcuni crolli, due grandi incendi, e poi il terremoto del 1980. Proprio nel periodo del dopo terremoto, mentre era chiusa al pubblico, la chiesa fu depredata delle opere più preziose, che non sono state mai più recuperate. È così scomparso il piccolo organo a canne che sorgeva all’entrata, e di cui rimane solo la struttura esterna.
Ma soprattutto sono andate perdute le due grandi tele del Settecento, dedicate alla Madonna, che decoravano il transetto, sostituite da altre opere di puro valore devozionale. Si è fortunatamente salvata la grande tela che sovrasta l’altare maggiore, che raffigura la “Gloria di San Benedetto” del pittore grumese Santolo Cirillo (1689-1755), zio del medico e scienziato Domenico Cirillo, patriota della Repubblica Napoletana del 1799 a cui è dedicata la piazza principale di Casoria.
San Benedetto, vissuto a cavallo tra il V e il VI Secolo, è il fondatore del più antico ordine monastico dell’occidente, quello di Montecassino. Secondo la leggenda, il territorio di Casoria apparteneva alla famiglia del suo discepolo Mauro, protettore della città, e questa circostanza sarebbe alla base del culto dei due santi – Mauro e Benedetto, discepolo e maestro – documentato a Casoria già all’inizio del Mille.
Nel transetto destro possiamo ammirare una bella statua di eccellente fattura artistica, che rappresenta San Benedetto. Ai suoi piedi si possono osservare un corvo e un pezzo di pane, che si ricollegano a un episodio della vita del santo narrata da papa Gregorio Magno. Secondo la leggenda, infatti, l’invidioso suddiacono Fiorenzo tentò di ucciderlo con un pane avvelenato, ma prima che il santo potesse mangiarlo, un corvo tolse la pagnotta dalla mensa, salvandogli la vita. In ricordo di questo aneddoto, nella ricorrenza della festa di San Benedetto, a Casoria c’è l’antica usanza di distribuire ai fedeli dei piccoli pani.
I primi documenti in cui compare la chiesa di San Benedetto sono gli Atti della Visita pastorale del 1542 del cardinale Francesco Carafa. Le principali notizie sulle origini della chiesa, tuttavia, sono state raccolte in una Platea – un volume manoscritto di oltre 400 pagine – compilato da diverse mani nel corso dei secoli, a partire dai primi del Seicento.
La Platea fu cominciata da Cesare Palladino, parroco dal 1611, che annotò i possedimenti della chiesa: 13 moggia di terreni al confine con Frattamaggiore ed Afragola (nelle zone di Casamerola, S. Maria della Stella, Cantariello) e diverse case nel centro di Casoria. Non manca qualche riferimento alla pubblica amministrazione dell’epoca, l’Universitas, e ad alcuni luoghi del casale: la piazza, in cui sorgeva un albero di olmo, e lo “stretto della cetrangola”, dove terminava l’abitato in direzione di Casavatore.
Nel 1742, per la visita pastorale dell’arcivescovo di Napoli Giuseppe Spinelli, è stata compilata una dettagliata relazione sullo stato della parrocchia. Particolarmente interessanti sono le travagliate vicende della costruzione della nuova e attuale chiesa, cominciata nel 1694 ma portata avanti a rilento per mancanza di denaro. Dopo l’incendio che devastò la fabbrica alla fine del 1721, i lavori ripresero nel giugno del 1722, affidati al “procuratore generale” Giuseppe Comite. La chiesa, completata solo «in forma rustica», fu benedetta la vigilia di natale del 1730. Dieci anni più tardi fu realizzato l’altare maggiore, consacrato nel 1741.
La relazione raccoglie dettagliate notizie anche su rendite e possedimenti della parrocchia, incrementati nel 1688 dall’eredità del condottiero Marco Antonio Torello, discendente del nobile Giacomo Torello, giunto a Casoria nel 1254 al seguito di papa Innocenzo IV e sepolto nella chiesa di San Benedetto nel 1281.
Alla fine del Seicento, tra gli amministratori della cappella Torello compaiono anche alcuni esponenti dei Rocco (poi Rocco di Torrepadula), nobile famiglia napoletana trasferitasi a Casoria a metà del secolo; che darà poi, nell’Ottocento, una straordinaria generazione di giuristi a Napoli e all’Italia, con esponenti di primissimo piano del mondo accademico come Niccola Rocco, creatore del Diritto privato internazionale, e della politica nazionale.
Nelle ultime pagine della Platea, il parroco don Biagio Iorio ha lasciato una “Utilissima raccolta di documenti e notizie” del 1948. Insediatosi nel 1919, aggiornò il manoscritto con gli avvenimenti più recenti: il cedimento della cupola nel 1895 e i massicci lavori di consolidamento rea lizzati dal Comune, durati fino al 1907; poi la voragine apertasi vicino la sacrestia nel 1920; e infine la costruzione del campanile, finanziato dai fedeli nel 1930.
Don Biagio Iorio ripercorre anche le vicende della Congrega del Santissimo Sacramento, fondata da don Cesare Palladino nel 1612, di cui era priore ai primi del Novecento il principe Innocenzio Rocco di Torrepadula; e della più recente Congrega di San Luigi Gonzaga, fondata nel 1823, tra i cui iscritti figura anche il cardinale Guglielmo Sanfelice.
Nella Platea si accenna anche al «dualismo per niente edificante» con la parrocchia di San Mauro, principale protettore di Casoria. Guidata per oltre quarant’anni – dal 1967 al 2011 – dall’amato e popolarissimo parroco mons. Mauro Piscopo (1931-2011), la chiesa è stata elevata nel 2010 a Santuario Benedettino.